Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (C.F.
80188230587), in  carica,  rappresentato  e  difeso:  dall'Avvocatura
Generale  dello  Stato,  C.F.  80224030587,  Fax  06/96514000  e  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso la  quale  e'  domiciliato
per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Umbria, in persona del Presidente della Regione
in carica, con sede in Perugia; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
regionale 12 luglio 2013, n. 13, pubblicata nel Bollettino  Ufficiale
della Regione Umbria del 17 luglio 2013, n.  32,  limitatamente  agli
articoli 62, 63, comma 1, lettera b), e comma 2, 68 e 73. 
 
                                Fatto 
 
    La legge della Regione Umbria 12 luglio 2013,  n.  13,  detta  il
«Testo unico in materia di turismo». 
    Limitatamente  agli  articoli  indicati  in  epigrafe,  la  legge
regionale e' costituzionalmente illegittiina e, giusta determinazione
assunta dal Consiglio dei ministri nella  riunione  del  9  settembre
2012, viene impugnata per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. - Art. 62, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria. 
    1.1. L'art. 62, comma 1, della legge regionale Umbria n. 13/2013,
sotto la  rubrica  «Direttore  tecnico»,  dispone  che  «La  gestione
tecnica dell'agenzia di viaggio e turismo e delle filiali compete  al
titolare o al legale rappresentante della societa' in possesso  delle
conoscenze ed attitudini professionali  all'esercizio  dell'attivita'
di cui al decreto legislativo 9 novembre  2007,  n.  206  (Attuazione
della  direttiva  2005/36/CE   relativa   al   riconoscimento   delle
qualifiche professionali, nonche'  della  direttiva  2006/100/CE  che
adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle  persone
a seguito dell'adesione di Bulgaria  e  Romania),  conseguite  presso
un'agenzia di viaggio e turismo operante in  Italia  o  in  un  altro
Stato membro dell'Unione Europea». 
    Tale   disposizione,   che    si    censura,    deve    ritenersi
costituzionalmente   illegittima   in   quanto   viola   i   principi
fondamentali in materia di professioni e si  pone  in  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    1.2. Il decreto legislativo 23 maggio 2011,  n.  79,  contenente,
tra l'altro, il Codice della normativa statale in tema di ordinamento
e mercato del turismo, all'art. 20, dell'allegato 1, sotto la rubrica
«Direttore tecnico», prevede che «1. Con decreto del  Presidente  del
Consiglio dei  ministri  o  del  Ministro  delegato  sono  fissati  i
requisiti professionali a livello  nazionale  dei  direttori  tecnici
delle agenzie di viaggio e turismo, previa intesa con  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e Bolzano». 
    1.3. La norma  che  si  censura  si  pone  in  contrasto  con  la
disposizione che si e' richiamata. 
    Il legislatore regionale, infatti, nel consentire lo  svolgimento
delle funzioni di direttore tecnico dell'agenzia di viaggio e turismo
a soggetti in possesso delle «conoscenze ed attitudini  professionali
all'esercizio  delle  attivita'  di  cui  al  decreto  legislativo  9
novembre 2007, n. 206, ... conseguite presso un'agenzia di viaggio  e
turismo operante in Italia o in un  altro  Stato  membro  dell'Unione
Europea», legittima l'esercizio  di  tale  professione  da  parte  di
soggetti  che  non  abbiano  conseguito  la  specifica   abilitazione
professionale, peraltro disciplinata dal successivo  art.  63,  della
stessa legge  regionale.  Cosi'  facendo  il  legislatore  regionale,
implicitamente, individua anche  requisiti  professionali  del  tutto
generici (conoscenze e attitudini professionali), maturati nel  corso
di un arco  temporale  del  tutto  indeterminato,  presso  le  stesse
agenzie di viaggio e non certificati da alcun organismo, come  idonei
e sufficienti all'esercizio della  richiamata  professione.  Ne',  al
riguardo, puo'  assumere  alcun  rilievo  il  riferimento  al  citato
decreto  legislativo  n.  206/2007  atteso  che  esso   riguarda   il
riconoscimento,  da  parte  degli  Stati  membri,  delle   qualifiche
professionali acquisite in altri  Stati  membri  e  si  occupa  delle
esperienze  professionali  maturate  al   fine   del   riconoscimento
automatico delle qualifiche  acquisite  dai  soggetti  che  intendono
esercitare una professione regolamentata in un Stato  membro  diverso
da quello nel quale hanno maturato l'esperienza. 
    1.4. L'art. 62, della legge n.  13/2013,  della  Regione  Umbria,
eccede, quindi, dalle competenze  regionali,  considerato  il  chiaro
disposto dell'art. 20, dell'allegato 1, al d.lgs. n. 79/2011, che  si
e' riportato in precedenza, viola i principi fondamentali in  materia
di professioni e si pone in contrasto con l'art.  117,  terzo  comma,
della Costituzione. 
    Al riguardo si richiama il costante insegnamento di codesta Corte
(v., da ultimo, la sentenza n. 98, del 2013)  in  base  al  quale  la
potesta'  legislativa  regionale  nella  materia  concorrente   delle
«professioni»   deve   rispettare   il    principio    secondo    cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e
titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza  delle  Regioni  la
disciplina  di  quegli   aspetti   che   presentano   uno   specifico
collegamento con la  realta'  regionale;  e  che  tale  principio  si
configura quale limite di ordine generale, invalicabile  della  legge
regionale. 
    2. - Art. 63, comma 1, lettera b), e  comma  2,  della  legge  n.
13/2013, della Regione Umbria. 
    2.1. L'art. 63, della legge regionale umbra n. 13/2013, sotto  la
rubrica  «Abilitazione  professionale»,  al  comma  1,  consente   il
conseguimento dell'abilitazione o mediante la verifica  del  possesso
dei requisiti  professionali  di  cui  all'art.  20,  del  d.lgs.  n.
79/2011, da parte delle province (lettera a),  ovvero:  «b)  mediante
l'attestazione del possesso dei requisiti di conoscenza e  attitudini
professionali  all'esercizio  dell'attivita'  di  cui  al  d.lgs.  n.
206/2007 conseguiti presso un'agenzia di viaggio e  turismo  operante
in Italia o in un altro Stato membro dell'Unione Europea». 
    Il successivo comma 2, a sua volta, dispone che: «Per il titolare
dell'agenzia di viaggio e turismo e per i dipendenti della stessa, il
periodo di Formazione professionale previsto dal d.lgs.  n.  206/2007
puo' essere sostituito da un equivalente numero di anni di  attivita'
lavorativa presso un'agenzia di viaggio e turismo». 
    Tali   disposizioni,   che   si   censurano,   devono   ritenersi
costituzionalmente  illegittime  in   quanto   violano   i   principi
fondamentali in materia di professioni e si pongono in contrasto  con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    2.2.  Come  si  e'  precisato  nell'illustrazione  delle  censure
all'art. 62, della L.R. Umbria n. 13/2013, l'art.  20,  dell'allegato
1, al d.lgs. n. 79/2011, dispone  che  i  requisiti  professionali  a
livello nazionale dei direttori tecnici delle agenzie  di  viaggio  e
turismo  siano  fissati  con  d.P.C.M.,  previa  intesa  in  sede  di
Conferenza Stato-Regioni. 
    Le norme  che  si  censurano  si  pongono  in  contrasto  con  la
disposizione  che  si  e'  richiamata  atteso  che  non  sussiste  la
competenza   regionale   per   la   individuazione   dei    requisiti
professionali per l'accesso alle professioni, ne'  per  precisarne  i
contenuti o per individuarne alternative equivalenti che  li  possano
sostituire. 
    Il   legislatore   regionale,   infatti,   nel   consentire    il
conseguimento    della    abilitazione     professionale     mediante
l'attestazione dei requisiti di conoscenza e attitudini professionali
all'esercizio dell'attivita' di cui al d.lgs. n. 206/2007, conseguiti
presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in  Italia  o  in  un
altro Stato membro dell'Unione Europea, ha  individuato  un  percorso
alternativo  a  quello  previsto  dal  legislatore  statale  per   il
conseguimento della abilitazione professionale. 
    Ne', in alcun caso, puo' essere riconosciuta l'equivalenza tra  i
due percorsi atteso che quello «nuovo», individuato dalla Regione  fa
generico  riferimento  ad  un  testo  normativo,  senza  indicare  la
specifica disciplina applicabile e senza neanche recepire  i  criteri
ed  i  principi  generali  dallo  stesso   previsti   al   fine   del
riconoscimento delle qualifiche acquisite dai soggetti che  intendono
esercitare una professione regolamentata. 
    Ed infatti, per  quanto  attiene  ai  riconoscimenti  sulla  base
dell'esperienza professionale, ove  applicabile,  manca  qualsivoglia
indicazione  dei  tempi  di  esercizio  dell'attivita',  come   delle
relative attestazioni e dei conseguenti riconoscimenti da parte delle
autorita' competenti di cui all'art. 5, del d.lgs. n. 206/2007. 
    Analoghe considerazioni  valgono,  poi,  per  il  comma  2  della
disposizione che si censura ove si fa riferimento al requisito  della
formazione professionale, per prescinderne, e sostituirlo con il solo
riferimento all'attivita' lavorativa presso  una  struttura  privata.
Venendo,  pertanto,  ad  incidere  su  un  elemento  essenziale   per
l'esercizio di un'attivita' quando, peraltro la stessa normativa  cui
fa riferimento la legge regionale, ove applicabile, richiede  che  la
formazione deve essere sancita da un certificato riconosciuto da  uno
Stato membro o giudicata del tutto valida da un competente  organismo
professionale. 
    2.3. L'art. 63, comma 1, lettera b), e comma 2,  della  legge  n.
13/2013, della Regione Umbria,  eccedono,  quindi,  dalle  competenze
regionali, violano i principi fondamentali in materia di  professioni
e si  pongono  in  contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    Anche  con  riferimento  a  queste  disposizioni  censurate,   si
richiamano i principi costantemente enunciati da codesta  Corte,  che
si sono ricordati sinteticamente al punto 1.4, che precede. 
    3. - Art. 68, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria. 
    3.1. L'art. 68, della legge regionale umbra n. 13/2013, sotto  la
rubrica «Impresa professionale di congressi», disciplina  l'attivita'
di  organizzazione,   produzione   e   gestione   di   manifestazioni
congressuali, simposi, conferenze e convegni. 
    In particolare, il  legislatore  umbro,  oltre  a  specificare  i
servizi che possono essere resi, ha previsto che  i  requisiti  e  le
modalita' per l'esercizio sono disciplinati con regolamento regionale
ed ha istituito gli elenchi  provinciali  delle  imprese,  da  tenere
secondo criteri e modalita' stabiliti dalla Giunta Regionale  con  il
richiamato regolamento. 
    L'articolo, che si  censura,  deve  ritenersi  costituzionalmente
illegittimo in quanto viola i principi  fondamentali  in  materia  di
professioni e si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione.    L'articolo,    inoltre,    determina     limitazioni
all'attivita'  economica  in  violazione  dei  principi   di   libera
concorrenza e si pone in contrasto con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), della Costituzione. 
    3.2. Per quanto attiene alla violazione dei principi  in  materia
di professioni deve precisarsi  che  l'attivita'  di  organizzazione,
produzione  e  gestione  di  manifestazioni  congressuali,   simposi,
conferenze e congressi non e' regolamentata da alcuna norma statale. 
    Il legislatore regionale invece, con la norma che si censura,  ha
individuato una nuova figura professionale, che si  e'  riservato  di
disciplinare con un proprio regolamento e per  la  quale  preveda  la
iscrizione in specifici elenchi. 
    Cosi' facendo, tuttavia, il legislatore umbro ha  ecceduto  dalla
propria competenza. 
    Come ribadito costantemente da codesta Corte, da  ultimo  con  la
gia' richiamata sentenza n. 98, del  2013,  le  Regioni  non  possono
istituire  nuove  professioni  o  prevedere  elenchi   «la   potesta'
legislativa regionale nella  materia  concorrente  delle  professioni
deve rispettare  il  principio  secondo  cui  l'individuazione  delle
figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti,  e'
riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato,
rientrando nella competenza delle Regioni  la  disciplina  di  quegli
aspetti che presentano uno  specifico  collegamento  con  la  realta'
regionale;  e  che  tale  principio,  al  di  la'  della  particolare
attuazione ad opera dei  singoli  precetti  normativi,  si  configura
infatti quale limite di ordine  generale,  invalicabile  dalla  legge
regionale, da cio' derivando che non e' nei poteri delle Regioni  dar
vita a nuove figure professionali». 
    Ne' puo' sottacersi che nella stessa sentenza n. 98/2013  codesta
Corte ha altresi' ribadito che: «... tra gli indici sintomatici della
istituzione di una professione,  e'  stato  ritenuto  esservi  quello
della previsione di appositi  elenchi,  disciplinati  dalla  Regione,
connessi allo svolgimento della attivita' che la  legge  regolamenta,
giacche' "l'istituzione di un registro professionale e la  previsione
delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, gia'  di  per  se',
una  funzione  individuatrice  della   professione,   preclusa   alla
competenza regionale" (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e 57 del  2007
e n.  335  del  2005),  prescindendosi  dalla  circostanza  che  tale
iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello
svolgimento della attivita' cui l'elenco fa riferimento (sentenza  n.
300 del 2007)». 
    L'art.  68,  della  legge  n.  13/2013,  della  Regione   Umbria,
considerato  che  l'attivita'  dallo  stesso  disciplinata   non   e'
regolamentata da alcuna disposizione statale, eccede,  quindi,  dalle
competenze regionali, viola i principi  fondamentali  in  materia  di
professioni e si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione. 
    3.3. Per quanto attiene alla violazione dei principi  in  materia
di libera concorrenza si osserva che l'attivita'  disciplinata  dalla
norma regionale che si censura  non  subisce  alcuna  limitazione  da
parte della legislazione statale, che non la regola in alcun modo. 
    L'articolo che si censura, nel descrivere i servizi  che  possono
essere  resi,  nel  prevedere  l'iscrizione  in   specifici   elenchi
provinciali e nel prevedere requisiti  e  modalita'  per  l'esercizio
delle attivita',  demandati  ad  apposito  regolamento  della  Giunta
regionale,   introduce   una    serie    limiti    all'esigenza    di
liberalizzazione  delle  attivita'   economiche   che   esula   dalla
competenza regionale. 
    Si tratta, infatti, di normativa che incidendo sulla liberta'  di
esercizio di attivita' economiche appare riconducibile  alla  materia
della «tutela della concorrenza», in ordine alla  quale  sussiste  la
competenza esclusiva dello Stato, ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), della Costituzione. 
    4. - Art. 73, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria. 
    4.1.  L'art.  73,  della  legge  regionale  umbra   n.   13/2013,
disciplina  il  riconoscimento   e   l'estensione   dell'abilitazione
all'esercizio delle professioni turistiche. 
    In particolare, il quarto comma dispone: «Le guide turistiche che
hanno  conseguito  l'abilitazione  all'esercizio  della   professione
presso altre Regioni e che intendono svolgere  la  propria  attivita'
nella Regione Umbria, sono soggette all'accertamento, da parte  della
provincia, limitatamente  alla  conoscenza  del  territorio,  con  le
modalita' stabilite dalla Giunta  regionale  ai  sensi  del  comma  1
dell'art. 72». 
    La disposizione che si censura deve ritenersi  costituzionalmente
illegittima in quanto, violando il principio di  libera  circolazione
dei servizi, di cui  all'art.  56,  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea, si pone in contrasto con l'art.  117,  comma  1,
della Costituzione. La norma, inoltre, determinando limitazioni  alla
liberta' di esercizio di un'attivita' economica, viola i principi  in
materia di concorrenza e si pone in contrasto con l'art.  117,  comma
2, lettera e), della Costituzione. 
    4.2. Per quanto attiene alla violazione dell'art. 56, del TFUE, e
dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, si rileva preliminarmente
che il legislatore statale, con la legge 6 agosto 2013, n. 97, avente
ad oggetto le «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivati
dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea  -  Legge  europea
2013», all'art. 3, ha dettato le «Disposizioni relative  alla  libera
prestazione e all'esercizio stabile dell'attivita' di guida turistica
da parte dei cittadini dell'Unione europea». 
    In particolare, e' stato stabilito che: 
        «1. L'abilitazione alla professione  di  guida  turistica  e'
valida su tutto  il  territorio  nazionale.  Ai  fini  dell'esercizio
stabile   in   Italia   dell'attivita'   di   guida   turistica,   il
riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9 novembre  2007,  n.
206,  della  qualifica  professionale  conseguita  da  un   cittadino
dell'Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia su tutto il
territorio nazionale. 
        2. Fermo restando quanto previsto dal decreto  legislativo  9
novembre 2007, n. 206, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo
svolgimento   dell'attivita'   di   guida    turistica    nell'ambito
dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime
di  libera  prestazione  dei  servizi  senza  necessita'  di   alcuna
autorizzazione ne' abilitazione, sia essa generale o specifica. 
        3. Con decreto  del  Ministro  dei  beni  e  delle  attivita'
culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o
archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione». 
    La norma che  si  censura,  nel  condizionare  l'esercizio  della
professione  di  guida  turistica  ad   un   accertamento   specifico
(conoscenza del territorio) da parte delle Province umbre,  viola  il
principio comunitario di libera circolazione dei servizi ed il  pieno
riconoscimento  dato  allo  stesso,  nella  presente   materia,   dal
legislatore statale, con l'articolo sopra riportato. La disposizione,
quindi, si pone in aperto contrasto con l'art. 117,  comma  1,  della
Costituzione. 
    4.3. Per quanto attiene alla violazione dei  principi  di  libera
concorrenza, si rileva che la norma censurata prevede  che  le  guide
turistiche gia' abilitate presso altri Stati  dell'Unione  europea  o
presso altre Regioni italiane e  che  intendono  esercitare  la  loro
attivita' nella Regione Umbria, siano assoggettate  ad  un  ulteriore
accertamento da parte delle  Province  umbre,  secondo  le  modalita'
stabilite dalla Giunta regionale. 
    La disposizione, pertanto, restringe in maniera ingiustificata la
portata del principio di  libera  concorrenza  e  si  pone  in  netto
contrasto con la piena liberalizzazione della materia introdotta  dal
richiamato art. 3, della legge europea 2013, che prevede la validita'
dell'abilitazione su tutto  il  territorio  nazionale  e  demanda  le
eventuali limitazioni  ad  un  atto  specifico,  adottato  a  livello
nazionale, sentita la Conferenza unificata. 
    La norma che si censura introduce, quindi, un  limite  al  libero
esercizio di un'attivita'  economica  ed  incide  sulla  liberta'  di
concorrenza. 
    La stessa, pertanto,  appare  riconducibile  alla  materia  della
«tutela  della  concorrenza»  in  ordine  alla  quale   sussiste   la
competenza esclusiva dello Stato, ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), della Costituzione.